martedì 20 luglio 2010

Volo notturno

Il rumore di sirene e pioggia è una perfetta cornice per una notte che si tinge di nero. Siamo al centro di Elania, i palazzi sospesi hanno infranto da anni il sogno di macchine volanti, lasciando loro come unico limite il cielo.

E' una notte scura, Naima si rinfresca il trucco, osserva la sua immagine riflessa in un cartellone pubblicitario, è immersa nelle luci della città che vive di notte.

Icaro adora gli innesti sottocutanei, soprattutto i diffusori di musica e i microchip emozionali. E' agitato, come ogni ragazzo di sedici anni e lascia che la pioggia gli scorra sul viso, fino a bagnare la sua divisa da studente liceale.

Lei è una modella, lui un aspirante programmatore. I loro mondi, distinti e separati di giorno, si incontravano clandestinamente ogni notte, quando ognuno è libero di interpretare il personaggio che si sceglie, giocando con le proprie emozioni in un mondo virtuale.

Entrambi conoscono bene le emozioni, modello comportamentale per lei, sudorazione e palpitazione per lui, niente di nuovo sul fronte occidentale, dunque.

Il giardino sospeso è il rifugio ideale per l'amore che nasce e per quello che finisce: i suoi fiori colorati portano incanto nello sguardo di chi ha occhi solo per la persona che ama; i suoi confini danno rifugio eterno a chi è l'unico ad amare, abbastanza per entrambi.

Icaro osserva la sua musa, passo dopo passo, parlandole con sussurri, perchè sente i loro cuori vicini. Naima è amichevole, cordiale, gli parla con voce pacata e gonfia di nulla.

Le dita carnose di Icaro scorrono sul viso metallico di Naima, il respiro del ragazzo è solo, e fa eco in un silenzio assordante. Voleva provare a insegnarle l'amore, ma un cuore di acciaio non potrà mai emanare calore.

Icaro è in volo, lascia i giardini sospesi dall' uscita più buia, destinata a chi non ha più calore nel petto. Il suo volo è verso le luci dell'asfalto, le sue ali di sale sono figlie di lacrime secche, sciolte nella pioggia.

Si dice che ogni fiore del giardino sospeso sia nato dal cuore di un innamorato non corrisposto.

E' una notte di pioggia che vuol fingersi piena di stelle, perchè è meglio brlillare lontani che pianger vicini.

martedì 11 maggio 2010

L'altra metà del cielo



Ritrovarsi a scrivere dopo tanto tempo è come prendere un caffè al bar con un caro amico che non si vede da anni. L' attesa del suo arrivo è ingannata da pensieri malinconici, tra ricordi e proiezioni del possibile presente. La felicità nel vedere di nuovo un volto familiare passa quasi immediatamente, subito prende corpo l' imbarazzo dell' iniziare una conversazione, l' argomento della quale resta in bilico per alcuni secondi tra il passato ed il banale. Cosa sarà cambiato? cosa sarà restato uguale?

L' aroma del caffè è sostituito dall' odore di chiuso di una stanza da studente, mentre i cambiamenti sono la certezza dell' essere in una città non tua. Ti piace rileggerti nei tuoi pensieri buttati su carta una vita fa, e, come spesso accade, non ti riconosci nelle tue parole: se non fosse per la tua firma le scambieresti certamente per quelle di un altro. I tuoi ricordi ti raccontano chi sei, ti piace ascoltare cosa ha da dirti il tuo passato, lo lasci parlare e sorridi quando realizzi che il suo discorso è ingenuo come le favole dei bambini. Mentre ti accendi una sigaretta realizzi che è il tuo turno di parlare, schiarisci la voce dopo la prima boccata e le parole sembrano uscire da sole assieme al fumo.

Inizi dal pensiero più bello, perchè è questo che ti piacerebbe accadesse: ricordare solo le cose belle. Dare a lei la stabilità che solo un ricordo ha nel cuore di una persona e contemporanemente viverla con l'emozione che solo lo stare con lei può darti. Ora è lontana e descrivi per primi suoi occhi, come i vostri sguardi si incontrano e regalano all' altro l'emozione di un' attesa così lunga. Provi a descrivere le sue carezze e i suoi baci, il suo modo di ascoltarti e la sua voce, ma al tuo passato basta osservare il tuo sorriso per capire quanto le vuoi bene. La tua vita ascolta con attenzione, e sorride insieme a te ogni volta che le rivolgi un pensiero. Fatichi a mantenere la concentrazione, è difficile spiegare a qualcuno come si fa ad essere felici, è difficile ammettere a se stesso di sentirsi bene dopo tanta sofferenza. E' inutile parlare del futuro al proprio passato, va al di là della sua comprensione, della sua competenza. Così ogni pensiero diventa un presente infinito, costante nel tempo, un motivo per restare sveglio a godersi ogni momento. Aspetti l' occasione per indossare le tue ali, intanto accarezzi l' altra metà del tuo cielo.

Il posacenere che si riempie di cicche segna lo scorrere del tempo, si alza una leggera brezza marina che ti ricorda che "è subito sera". I tasti del tuo pc sono illuminati solo dalla luce dello schermo, lasci la mancia alla cameriera sotto l' unica tazza di caffè sul tavolo, ti stropicci gli occhi stanchi, mentre la luce del monitor si spegne.

domenica 14 marzo 2010

La codardia degli eterni secondi


Essere sinceri è un tuffo senza rete, nel vuoto, ad occhi aperti. Non hai appigli, non hai niente, sei nudo, davanti alle tue emozioni. Non ti sei espresso male, non hai frainteso la domanda, non puoi sviare la risposta. Ti ritrovi solo con i tuoi pensieri, che da soli trovano la strada per la tua bocca, perchè sennò non avresti il coraggio di esprimerli. E le parole si trovano da sole, per la prima volta al loro posto senza inutili giri sconnessi. Esprimi un pensiero e ti auguri che non abbia mai fine, perchè ammettilo:

..dopo un pò si prende gusto a dir la verità.

martedì 26 gennaio 2010

Save a prayer


Inizia tutto con una semplice forma di paura. Conti il numero dei respiri, la profondità e la durata. Successivamente passi ai battiti cardiaci, questi sono più facili da contare, perchè riecheggiano nel silenzio della stanza. Tu-Tum, Tu-Tum, impulso e reazione, fin qui tutto normale. Quando apri gli occhi esce qualche lacrima a ripulire le palpebre dai giorni di chiusura, lentamente il tuo viso riacquista sensibilità. La prima espressione è smarrimento, seguita da consapevolezza. E paura. Non hai ancora il controllo delle corde vocali, la gola si contrae, e dalla tua bocca escono suoni indistinti al gusto di anestesia e antibiotici. Gli incubi lasciano il posto a falsi ricordi, labirinti di angoscia e paura color verde speranza.

L'anestesia svanisce nella solitudine di una sala d' attesa. Decine di malati che guardano per terra, lontani anni luce dai familiari, sani, seduti al loro fianco. Sei un codice bianco, hai il diritto di provar pena per i codice giallo e rosso. Invidia per i codice verde, ti chiedi cosa abbiano in più a te. Come al solito chiamano per nome, sbagliando a pronunciarlo, ovviamente, rendendo inutile quella parvenza di privacy nascosta dietro il numero d' attesa. Passo dopo passo rifai il conto dei tuoi sintomi, all'altezza della porta d' ingresso ripassi la cartella clinica, e, quando il dottore ti chiede qualcosa, reciti la lezione a memoria.

Hai dodici anni, il lettino della sala operatoria è visibilmente troppo grande per te, le braccia dell 'infermiera sembrano quelle di tua madre, ma si sa, nessuna è come la mamma, e lo capisci dall' assenza di dolcezza della sua presa. Il dottore ride e scherza, ha una mascherina sul volto, e i suoi occhi trasmettono una sorta di sadica sicurezza. Il modo in cui guarda il sedere dell' infermiera ne è solo la conferma.

Sei sdraiato su un fianco, quello più comodo per il medico. Osservi le tue interiora in un monitor, mentre qualcuno si preoccupa di asciugarti la bava che esce dalla bocca, mista a lacrime e muco. Tremi, le pupille schizzano qua e la, convulsioni, mani che ti tengono fermo. Mani, mani, mani. Troppe mani, senza alcuna forma di affetto stringono e bloccano, toccano e schiacciano. Una mano sudata ti accarezza la fronte.

sabato 23 gennaio 2010

Legami


Le soddisfazioni sono una fregatura. Come la felicità e l' ottimismo. E' vero, ad ogni azione corrisponde una realzione uguale e contraria, sempre, anche a distanza di anni. Nella vita nulla si crea e nulla si distrugge. I legami nascono, si sviluppano. ne creano altri a loro volta e, dopo il giusto (?) tempo, si fanno da parte. Il karma è di nuovo in equilibrio, vallo a spiegare al cuore in sospeso, che è giusto così.

Non doveva finire così. Non doveva finire. Non doveva. No.

giovedì 21 gennaio 2010

A( )way from heaven


Buonasera a tutti. Credo ci conosciamo già, però, per evitare inutili imbarazzi, lasciate che mi presenti: il mio nome è Icaro. Sarei felice di conoscere il vostro nome, si, uno alla volta, da bravi, ditemi come vi chiamate. Ecco, ora lasciate che vi parli un pò di me. Mi piace descrivere le persone attraverso dei piccoli dettagli, degli oggetti o delle sfumature del carattere che rendono quella personalità unica al mondo in mezzo a tanti vestiti uguali.

Scegli 3 oggetti che possano rappresentarti: una macchina fotografica, un basso elettrico, un buon libro. Si, non vorrei mai essere rappresentato da un libro noioso, pesante. Embè? problemi?

Una macchina fotografica perchè il mondo, visto attraverso un pentaprisma, sembra meno cattivo (sarà, forse, perchè davanti un obiettivo sorridono tutti, e un viso è più bello quando sorride). Un basso elettrico perchè i calli sulle dita non vanno via facilmente, lasciano il segno e creano un bisogno fisico di contatto con corde metalliche. E poi la musica fa sempre compagnia. Un buon libro perchè scrivere è analizzare i propri ricordi, o i ricordi di qualcuno che vorremmo essere.

Away from heaven. A way from heaven. Lontano dal paradiso, una strada dal paradiso. Alzi la mano chi è convinto che alla fin fine sia la stessa cosa. Ho scelto questo titolo in ricordo dell' Icaro che sono stato, e che vorrei, per quanto possibile, tornare ad essere. Con questo non voglio dire che bisogna vivere nel passato, anzi, vorrei rivivere quelle sensazioni in chiave più matura.

Auguro a tutti vuoi un buon proseguimento di serata, sperando di incontrarvi di nuovo tra queste parole.