giovedì 3 novembre 2011

Flush (of spades).

Hai maledetto i giorni d'autunno perchè il sole va via troppo presto, lasciando troppo spazio ai pensieri esposti al buio. La radio malsintonizzata accompagna l'animo dei poeti da cento anni e cento giorni di solitudine, e i tuoi non sono certo di meno. Quando hai smesso di raccontare la tua storia il mondo si è fermato, un equilibrio di fari allo xenon e luci semaforiche, al ritmo immobile della pioggia che teme l'impatto con l'asfalto. Non ti importa del mondo in equilibrio, no, nemmeno del restare solo in eterne luci senza suono. E' la paura che ti ha fermato, affinché il dolore non tornasse, hai smesso di parlare e l'aria è scomparsa, all'improvviso.

L'ultimo pulsare di un cuore che si svuota è fatto d'aria, l'estremo tentativo di raccogliere un simulacro di vita. I primi ad arrendersi sono gli sguardi, che si rifugiano tra le lacrime di uno e sui vestiti dell'altro. Le mani li accompagnano quasi d'istinto, il tratto che le separa dagli occhi è il più freddo da che ai memoria. Prima una goccia, poi un clacson, infine uno scroscio. Ti rendi conto che il tuo tempo non sarà più scandito dal suo respiro e ricominci a sentire i rumori della notte, che sempre ti ha bruciato l'anima.

La strada scorre male e il mondo tace, tra questa immensità s'annega il pensier mio: e il naufragar m' è dolce, in questo mare.

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