martedì 26 gennaio 2010

Save a prayer


Inizia tutto con una semplice forma di paura. Conti il numero dei respiri, la profondità e la durata. Successivamente passi ai battiti cardiaci, questi sono più facili da contare, perchè riecheggiano nel silenzio della stanza. Tu-Tum, Tu-Tum, impulso e reazione, fin qui tutto normale. Quando apri gli occhi esce qualche lacrima a ripulire le palpebre dai giorni di chiusura, lentamente il tuo viso riacquista sensibilità. La prima espressione è smarrimento, seguita da consapevolezza. E paura. Non hai ancora il controllo delle corde vocali, la gola si contrae, e dalla tua bocca escono suoni indistinti al gusto di anestesia e antibiotici. Gli incubi lasciano il posto a falsi ricordi, labirinti di angoscia e paura color verde speranza.

L'anestesia svanisce nella solitudine di una sala d' attesa. Decine di malati che guardano per terra, lontani anni luce dai familiari, sani, seduti al loro fianco. Sei un codice bianco, hai il diritto di provar pena per i codice giallo e rosso. Invidia per i codice verde, ti chiedi cosa abbiano in più a te. Come al solito chiamano per nome, sbagliando a pronunciarlo, ovviamente, rendendo inutile quella parvenza di privacy nascosta dietro il numero d' attesa. Passo dopo passo rifai il conto dei tuoi sintomi, all'altezza della porta d' ingresso ripassi la cartella clinica, e, quando il dottore ti chiede qualcosa, reciti la lezione a memoria.

Hai dodici anni, il lettino della sala operatoria è visibilmente troppo grande per te, le braccia dell 'infermiera sembrano quelle di tua madre, ma si sa, nessuna è come la mamma, e lo capisci dall' assenza di dolcezza della sua presa. Il dottore ride e scherza, ha una mascherina sul volto, e i suoi occhi trasmettono una sorta di sadica sicurezza. Il modo in cui guarda il sedere dell' infermiera ne è solo la conferma.

Sei sdraiato su un fianco, quello più comodo per il medico. Osservi le tue interiora in un monitor, mentre qualcuno si preoccupa di asciugarti la bava che esce dalla bocca, mista a lacrime e muco. Tremi, le pupille schizzano qua e la, convulsioni, mani che ti tengono fermo. Mani, mani, mani. Troppe mani, senza alcuna forma di affetto stringono e bloccano, toccano e schiacciano. Una mano sudata ti accarezza la fronte.

sabato 23 gennaio 2010

Legami


Le soddisfazioni sono una fregatura. Come la felicità e l' ottimismo. E' vero, ad ogni azione corrisponde una realzione uguale e contraria, sempre, anche a distanza di anni. Nella vita nulla si crea e nulla si distrugge. I legami nascono, si sviluppano. ne creano altri a loro volta e, dopo il giusto (?) tempo, si fanno da parte. Il karma è di nuovo in equilibrio, vallo a spiegare al cuore in sospeso, che è giusto così.

Non doveva finire così. Non doveva finire. Non doveva. No.

giovedì 21 gennaio 2010

A( )way from heaven


Buonasera a tutti. Credo ci conosciamo già, però, per evitare inutili imbarazzi, lasciate che mi presenti: il mio nome è Icaro. Sarei felice di conoscere il vostro nome, si, uno alla volta, da bravi, ditemi come vi chiamate. Ecco, ora lasciate che vi parli un pò di me. Mi piace descrivere le persone attraverso dei piccoli dettagli, degli oggetti o delle sfumature del carattere che rendono quella personalità unica al mondo in mezzo a tanti vestiti uguali.

Scegli 3 oggetti che possano rappresentarti: una macchina fotografica, un basso elettrico, un buon libro. Si, non vorrei mai essere rappresentato da un libro noioso, pesante. Embè? problemi?

Una macchina fotografica perchè il mondo, visto attraverso un pentaprisma, sembra meno cattivo (sarà, forse, perchè davanti un obiettivo sorridono tutti, e un viso è più bello quando sorride). Un basso elettrico perchè i calli sulle dita non vanno via facilmente, lasciano il segno e creano un bisogno fisico di contatto con corde metalliche. E poi la musica fa sempre compagnia. Un buon libro perchè scrivere è analizzare i propri ricordi, o i ricordi di qualcuno che vorremmo essere.

Away from heaven. A way from heaven. Lontano dal paradiso, una strada dal paradiso. Alzi la mano chi è convinto che alla fin fine sia la stessa cosa. Ho scelto questo titolo in ricordo dell' Icaro che sono stato, e che vorrei, per quanto possibile, tornare ad essere. Con questo non voglio dire che bisogna vivere nel passato, anzi, vorrei rivivere quelle sensazioni in chiave più matura.

Auguro a tutti vuoi un buon proseguimento di serata, sperando di incontrarvi di nuovo tra queste parole.